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Giovanni Bozzolo
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Maratona degli Etruschi 2019
di raffaele gambigliani zoccoli
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Era stato Emiliano ad avvisarmi in aprile: in occasione della sua trentesima edizione la Maratona degli Etruschi avrebbe avuto - per la prima volta - un tracciato in linea – da Salivoli a Baratti.
Bello, suggestivo, l’unico problema – e non solo per me - era la data: il 7 di luglio.
“Perdindirindina Emiliano, ma il 7 luglio c’è la Byron!”
La risposta di Emiliano - che non posso riproporre nel caso il diario venga letto da qualche minore e senza alcun dubbio influenzata da un sano patriottismo - era stata più colorita che lapidaria – colorita come la differenza tra il colore dell’acqua – a suo dire - del Golfo di La Spezia rispetto a quello di Piombino.

Byron o Maratona?

Sono rimasto in dubbio fino all’ultimo, la mente diceva Byron – anche la distanza diceva Byron – 10 km sono troppi per me - l’ultima volta che ho tentato la Maratona nel 2011 mi sono ritirato a metà gara così come l’ultima volta che ho provato una dieci, a Laigueglia nel 2016 – il cuore invece seguiva il video che mi aveva mandato Emiliano, con gli incredibili scorci della costa toscana – e alla fine ha vinto il cuore.

Però qui devo (ri)aprire una vecchia polemica sul calendario delle acque libere. Per un paio d’anni (forse è stato il caso?) l’agenda è stato perfetta ma quest’anno siamo tornati alle vecchie abitudini. In questo fine settimana per un appassionato della distanza di fondo del Centro-Nord c’erano ben quattro gare raggiungibili: le due classiche insieme a Civitanova e Spresiano. Quattro gare e poi magari ci sono tre week-end consecutivi senza nessuna nuotata raggiungibile. Ovviamente comprendo che le date delle gare siano dettate da puzzle logistici che gli organizzatori - senza i loro sforzi non ci sarebbero le nostre fantastiche nuotate - devono assemblare e comprendo che i veneti non parlino con i toscani; ma perché i romagnoli non parlino con i veneti e i liguri con i toscani è un mistero che continua a sfuggirmi: con un calendario meglio impostato ci sarebbero gare più frequentate, master più contenti e organizzatori con qualche ritorno economico in più.

Ma come sempre ho divagato.

Al mio arrivo a Calamoresca - perché il luogo della partenza nel frattempo è stata modificato - il cielo è coperto mentre l’acqua è un olio come superficie e un brodo come temperatura - abbiamo nuotato nelle acque gelate del Giglio appena tre settimane fa ma sembra passato un secolo.
Punzonatura veloce con gradita maglietta – la prima di quest’anno - e siamo pronti per partire.

E’ Marco a spiegarci il percorso: si parte verso Sud per circumnavigare lo scoglio del Falcone, poi la gara si snoda verso Nord per otto chilometri con quattro boe sotto costa da tenere a sinistra - oltre a uno scoglio che i giudici chiamano “Falconcino” mentre google maps lo indica con un non troppo augurante “Scoglio della morte” - per poi virare verso il Golfo di Baratti con tre boe da lasciare alla destra prima dell’imbuto finale.

Al fischio parto tranquillo - per i primi due chilometri siamo in tanti (tutti i master sono partiti insieme) e come sempre nuoto fuori dai gruppi per evitare le botte e godermi il mare - davvero splendido, aveva ragione Emiliano. Alla fine del secondo chilometro si definiscono le scie e mi accodo in un gruppone in cui riconosco tante cuffie del Grosseto. Al quarto chilometro arriva la crisi, cala l’energia, sale il mal di schiena e il gruppo comincia a sfilarmi. Cerco di resistere e in qualche modo riesco a rimanere attaccato agli ultimi del gruppetto - vedo anche Massimo Milano accanto a me e a quel punto ho il fondato sospetto di avere le visioni.

Il mare a tratti è calmo come una piscina a tratti si increspa e a volte comincia lo spettacolo nello spettacolo: centinaia di pesci di ogni colore che trasformano la gara di nuoto in una gita di snorkeling.

Gli ultimi chilometri sono pesanti, il gruppo si è diradato e siamo rimasti in due, Leo del Grosseto che tira e io che mi riposo – lui è bravo e riesco a vederlo anche a venti metri di distanza quindi mi rilasso e mi godo il mare. Passata l’ultima boa non vediamo l’arrivo, raggiungiamo Valentina che a sua volta non riesce a capire dove dobbiamo andare - forse una boa in più sarebbe stata utile - e gli ultimi trecento metri li facciamo praticamente a rana.

Arrivo stanco - ma sembrano abbastanza provati un po’ tutti quelli che tagliano il traguardo - in un lapis arriva Jessica (seconda in categoria) e un po’ più tardi arriverà anche Stefano. Al punto di accoglienza è già pronta la pasta e finito di mangiare non rimane che sdraiarsi nella magnifica pineta di Baratti in attesa delle premiazioni e del pullman che ci riporterà a Piombino.

Come sempre complimenti ai giudici e soprattutto agli organizzatori che hanno gestito con bravura questa prima gara in linea della Maratona. Come tanti altri auspico che il tracciato rimanga questo anche nei prossimi anni, visto che questa volta sono riuscita a finirla magari mi verrà voglia di provarci un’altra volta.

A presto
Raffaele

 
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