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Giovanni Bozzolo
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Noceti 2012
di raffaele gambigliani zoccoli
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“Quest’anno le meduse sono scomparse”.
Almeno secondo un articolo letto da poco in un noto settimanale. E a questo punto ci sono due possibilità: o sono particolarmente sfortunato, visto che - Giglio a parte - quest’anno mi hanno sempre pizzicato oppure il giornalista è un montanaro che non mette i piedi in acqua da un sacco di tempo.

Ma andiamo con ordine.

Il recupero del 12° Trofeo Noceti offre la possibilità di nuotare in un mese avaro di competizioni, almeno per chi abita dalle mie parti. In puro spirito costruttivo mi permetto di dispensare un piccolo consiglio, condiviso peraltro da tanti altri, ai bravissimi organizzatori - bravi perché ci hanno concesso parcheggio riservato (almeno per chi è arrivato presto), punzonatura veloce, gradita maglietta ricordo, boe visibili nel tracciato di gara (avrei aggiunto una boa di direzione in prossimità della diga della Venere Azzurra), buon numero di imbarcazioni a supporto, buffet ricco e abbondante oltre alla premiazione per i primi tre classificati di ogni categoria. L’unico neo è la partenza pomeridiana. Visti gli evidenti problemi di parcheggio estivo di Lerici il ritrovo mattutino è inevitabile, ma cinque ore tra punzonatura e partenza - cinque ore che si trasformano in un enorme bivacco nel paese che coinvolge master e accompagnatori - mi sembrano eccessivi e sarebbe stato molto meglio partire subito alla mattina.

Il percorso è un triangolo irregolare da compiere due volte in senso orario. Si parte da una boa adiacente agli scogli di Lerici, si procede per trecento metri verso Porto Venere fino alla seconda boa per poi dirigersi per circa un chilometro verso San Terenzo. Il ritorno alla boa di partenza avviene lungo la costa, con passaggio obbligato all’interno della diga della Venere Azzurra. I giudici optano per un'unica partenza (siamo circa centocinquanta), molto meglio per quanto mi riguarda, se da una parte si rischia di prendere qualche botta dall’altra ci sarà sempre qualcuno con cui nuotare.

“Nessuna medusa” mi dicono un paio di master rientrando dal riscaldamento, forse sono parenti del giornalista montanaro…
In partenza cerco di incollarmi a due master della mia categoria, Lorenzo Guarenghi e Marco Bovi, ma rinuncio quasi subito, sono entrambi decisamente più veloci del sottoscritto. Rimango esterno fino alla seconda boa per non prendere botte, poi nel lungo rettilineo verso San Terenzo assisto inesorabilmente allo stesso fenomeno provato al Trittico: quelli più avanti si defilano pian piano e io rimango in testa a un gruppo disordinato di inseguitori, con la differenza rispetto all’altra competizione che il percorso è decisamente più facile. Alla boa di ritorno il distacco aumenta, ma il problema non è certo la distanza, ma le meduse che d’improvviso compaiono minacciose.

Comincio a schivarle…
una…
due..
tre…
ma dopo un centinaio di metri vengo “avvolto” alla schiena.

Rallento, comincio a nuotare a testa fuori per non prenderle sul viso e finalmente un paio di master mi sorpassano. Pian piano andiamo a prendere un altro master dalla cuffia arancione che ha perso il gruppo davanti e poi facciamo tutto il resto della gara in quartetto, zigzagando tra correnti improvvise e meduse sempre più numerose. L’ultimo lato del secondo giro è una vera agonia, sappiamo che le meduse ci aspettano perché le abbiamo già viste e “sentite” ma l’unica alternativa è il ritiro. Comunque il ritmo dei due master che guidano il quartetto è buono, non avrei saputo andare più veloce, anche se alla fine termino quattordicesimo della mia categoria, una vera delusione, ma la classifica non mente mai. Al traguardo sono già arrivati i modenesi Raffaele Riccò – che ha vinto la sua categoria – e Stefano, un minuto e arriva Giulia e poi il nostro decano Sergio.

Per una volta c’è più gente davanti all’ambulanza che al ristoro e metà dei master girano con garze e tamponi di tutte le dimensioni. Qualcuno le ha prese sul viso, con irritazioni ancor più fastidiose. Io rinuncio alle cure, se è la stessa medusa che mi ha preso al Trittico bisogna solo pazientare 36 ore e poi tutto sparisce.

Però tutte queste meduse mi hanno proprio stancato. La loro proliferazione è colpa di un ecosistema che sta variando di anno in anno a causa del nostro comportamento e che influisce sulla scomparsa dei loro predatori naturali. Tutto questo dovrebbe farci riflettere, o presto o tardi finiremo come altri paesi (Australia etc), dove in alcune zone non si entra nemmeno in acqua a causa di specie mortali.

Intanto la prossima gara la faccio al lago di Caldonazzo - penso mentre torno verso casa - o saranno riuscite a proliferare anche in acqua dolce?...


 
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