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by
Giovanni Bozzolo
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Amarcord
di bruno richieri
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Ancora  1 mese e sarà Coppa Byron, la mia ventunesima coppa Byron un record neppure menzionato e premiato dai miei concittadini organizzatori ( nemo profeta in patria!).

Ogni anno dico: questa è l'ultima, ma poi nonostante la sfiancante giornata dove la gara forse è l'incombenza meno gravosa (punzonatura mattutina, mangiare, imbarco su vaporetto, appello... e che palle!!) mi lascio trascinare dalla nostalgia e dal dispiacere di non esserci. Delle 21 edizioni alle quali mi sono iscritto ho perso quella del 2011 per una banale bronchite estiva; e quando gli amici erano in acqua mi sono rifugiato il più lontano possibile, sull'Appennino, come un amante rifiutato.
Nel 1992 è iniziata proprio lì la mia storia nel nuoto in acque libere ed è stata la mia prima gara da master, M40, allora). Ma ero giovane e audace.

In realtà sono nato uomo di  mare, non nuotatore; da giovanissimo la mia città non offriva nulla allo sport ed eravamo tutti degli autodidatti; d'estate abitavo nell'isola Palmaria e fino a ottobre, quando riaprivano le scuole, vivevo come un lupo e vedevo i genitori solo la sera. Ho imparato a nuotare a 3 anni con il metodo tipico dei pirati che siamo dalle mie parti: legato ad una sagola e gettato in mare come un salame!!; a 8 anni primo giro dell'isola (7km) a remi, di nascosto, con conseguenti schiaffoni dai genitori (non c'era il telefono azzurro). A 11 anni scappo verso l'ignoto con una barca a vela, veleggio felice verso l'orizzonte e il sole al tramonto, ma mi sorprende la bonaccia e rientro a pagaiate, che immancabilmente mio padre all'arrivo mi riversa sulla schiena. A 13 anni dopo un a mattinata a recuperare le nasse a 13 mt sotto, a salpare le reti e a pulirle sento un prurito, una voglia di osare un po' come a lord Byron e decido di andare a trovare un amico che si trovava all'altro capo dell'isola e penso bene di farlo a nuoto costeggiando. dopo 4 km di nuoto da miticultore raggiungo l'amico, il tempo per un panino con le acciughe e un bicchierozzo di vino bianco e di nuovo in acqua e arrivo dopo altri 2,5 km, con le acciughe che andavano su e giù, a casa, ma questa volta in tempo per la cena e il mio povero padre l'ha saputo quando oramai ero un uomo.

Ho praticato tutti gli sport, anche quelli estremi, e il mio fisico era l'esatto opposto del nuotatore: una specie di Alberto Tomba con 7 cm in meno tanto che eccellevo nello sci, nelle arti marziali, nella boxe e nella corsa veloce. Ma nuotare per me, specie in solitario, era una filosofia di vita e quasi ogni giorno, senza impegni di gare, mi dilettavo a compiere km in endurance; e ogni estate facevo in solitario le mie piccole imprese. In realtà la Byron l'avevo  già fatta nell' 85, con mio fratello che mi accompagnava in canoa, e nell' 87 in solitario; quest'ultima con andata e ritorno. ovviamente senza ambizioni di tempo o quant'altro. 1990, mio padre muore tra le mie braccia dopo l'agonia per un tumore cerebrale con il quale abbiamo lottato invano per 2 anni. Per la prima volta mi sento solo e ho bisogno di emozioni forti. Mi stordisco con lo sci estremo, con l'alpinismo, col damping jumping, col paracadutismo, col bob, con la boxe … e donne e guai.

Però non rinuncio al mio nuoto e proprio nel 1992 incoccio in piscina il grande Lino Borello, olimpionico nei 100 farfalla a Roma 1960, e ora allenatore della nazionale di fondo) che mi propone di fare i master e nonostante una nuotata da miticultore a braccia larghe e con una linea di galleggiamento mortificata dalle mie coscione e dai glutei da sciatore .... fu subito  Byron.
E qui conosco gli uomini straordinari leggende del nuoto master, l'amicizia dei quali è stato il più bel regalo che il nuoto mi abbia fatto. Partenza della Coppa Byron 1992, 50 iscritti scarsi: lo squadrone della Carabinieri Napoli, il Chiarandini, vice campione mondiale della 20 km (quello che all'arrivo del trittico di Alghero dell'anno dopo, vincitore, aspetta l'ultimo, e sono io, per stringergli la mano ! ) e poi gli uomini  straordinari...; nella spiaggetta sono un po' emozionato e un'atleta  dal sorriso contagioso mi saluta e con il bellissimo accento del suo lago, (che in seguito mi ha visto protagonista con gli uomini straordinari di un periplo mondiale), mi rincuora e mi stringe la mano. Stringo la mano della leggenda, Leo Callone, il Caimano del Lario, il più grande amico che mi ha dato il nuoto, il vincitore di infinite gare, che a menzionarle tutte passerei un giorno intero, 100000 km a nuoto e il primo italiano ad attraversare la manica e soprattutto un grande uomo colpito dalla perdita dell'affetto più caro, il figlio Nicola, ucciso da pirati della strada, con il quale io stesso e la dolce sua moglie Angela ci divertivamo a prenderlo in giro quando se la dava da ex playboy; un uomo che dedica la sua vita in opere di beneficienza con traversate estreme. (chissà se solo nel tuo nuoto ardimentoso riesci a lenire l'atroce dolore almeno un poco?)

Sempre nella spiaggetta un tipo dall'accento toscano, con il vero fisico da nuotatore, si getta in acqua per il riscaldamento, mi guarda e dice : oh, ragazzo, questa è la mi vita!!. Chiedo a lui chi era quello al quale ho stretto la mano e alla sua risposta mi domando come mi sono permesso di trovarmi lì. Non contento gli chiedo se avesse fatto altre Byron e con tutta semplicità mi dice che era alla ottava e che una l'aveva pure vinta in assoluto... E’ così che conosco il più tecnico, lo stilista per eccellenza, il vincitore assoluto di una Ponza-San felice Circeo, il papà del nostro attuale Massimo.... il grandissimo Cosmo Milano. Mi disse subito che non avevo il fisico da nuotatore e che l'unica soluzione per me era ingessarmi dalla vita in giù per un mese per diventare un top player, ma non l'ho fatto perché da tempo avevo scoperto che le donne per prima cosa ti guardano i glutei....  e a quelle non ci rinuncio neanche ora che sono un vecchietto.

Di rimando un ‘bauscia’ dal  tipico accento milanese  mi rincuora e ci prende come al solito (vedremo anche in seguito) in giro e ci invita a non prenderci troppo sul serio: caro Guido Baudi, innumerevole campione italiano ed europeo sulle gare veloci che però otterrà anche ottimi risultati nel fondo: un 'eclettico geniale, un grande tattico, stilista e sempre allegro, compagno di zingarate e di risate, ma di grande profondità d'animo. Nella gara riesco ad affiancarlo e poi lo stacco e all'arrivo mi dice: ma chi l'è cus qui!!! da dove è uscito fora!. Nel frattempo un suo conterraneo lodigiano, bianco di antico pelo, un gigante dal fisico da bronzo di Riace, si diverte a prendere per i fondelli il Baudi. Parlano un dialetto meneghino stretto e più tardi saprò che era il Mino Forlani, un'altra leggenda, che ogni volta si giocava in volata il titolo italiano e la Byron con l'elegante e signorile, come molti liguri di Chiavari, Marino Janni. Marino, ahimè, malgrado le mie imprecazioni, ha scelto il fumo che non si addice alla lunga al nuoto... peccato lui era classe allo stato puro.

Non mi dilungo sulle imprese che loro mi hanno permesso di compiere insieme, ma vorrei  sottolineare le caratteristiche che accomunano questi uomni: umiltà, rispetto per il prossimo e lo spirito romantico di lord Byron, il romanticismo di chi sa che nella battaglia per la vita dobbiamo perire, ma mai domi. Vorrei che questo spirito master, il loro esempio, come quello del compianto Lombardi, aleggiasse ancora nel nostro ‘circus’ fatto oramai di circuiti ripetitivi e mortificanti dove ad ogni giro di boa rischi di essere colpito da gente egocentrica, direi più da piscina, che si batte per il 25° posto di categoria.
La Byron rimane l'unica vera gara di nuoto  di fondo  da riprovarci forever.

Grazie, un omaggio agli uomini straordinari 

 
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