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by
Giovanni Bozzolo
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2013 Grosseto
un capofitto dalla finestra
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Sono arrivato all’appuntamento per il 6° trofeo Granducato di Toscana, presso lo stabilimento balneare Dolce Vita di Marina di Grosseto, in bicicletta. Non perché sia un triatleta, ma solo perché la nostra casa al mare dista appena 800 metri dal luogo di incontro per la partenza della gara. Avevo chiesto agli organizzatori di poter cominciare dalla prima boa, così avrei potuto partire con un tuffo (capofitto, come dice il nostro fabbro-artista fiorentino) direttamente dalla finestra.

La grande bellezza di questi luoghi è, secondo me, l’immensa pineta. Noi confiniamo con il parco della Maremma e viviamo, così, il mese di agosto immersi nella natura, tra arbusti, dune, fauna e mare. Abbiamo, è vero, qualche problema di sicurezza per l’abitazione nel periodo invernale, e di incendi in quello estivo, ma ci stiamo tanto bene. Soprattutto Queen, la nostra boxer, che qui libera i suoi istinti. Mentre io, più conosciuto e riconoscibile, devo, purtroppo, continuare a controllarmi, a tutto svantaggio della mia ulcera.

Il Dolce Vita è uno degli stabilimenti più moderni della zona, con piscina, ristorante, giochi. L’atmosfera, però, è di fine stagione. Sembra, un po’, di essere in un set cinematografico, con una scenografia da cartolina. L’aria, al mattino presto, è anche fresca, la luce attenuata, non più viva, tanti ombrelloni chiusi, poca gente in giro ed affiora una iniziale stanchezza negli operatori turistici. Mancano, poi, odori e profumi di aprile–maggio. Ed ancora non ci sono gli incomparabili colori dell’autunno. Ma l’ambiente mantiene il suo fascino. Un momento da… svizzeri, che, puntuali (!), arrivano in questo periodo.
Per fortuna ci sono i master, tanti, rumorosi e colorati. 119 iscritti alla gara di fondo della mattina, 139 a quella di mezzofondo del pomeriggio. Gli agonisti 14 e 20, rispettivamente. Anche questo è un dato che fa riflettere.

Per gli allestimenti, sembra di essere in una gara internazionale di grande livello. Ci sono, in mostra, anche tre auto di lusso. I fanatici delle magliette questa volta, però, sono stati delusi. Pasta e vino come ricordo. Personalmente preferisco molto di più così. Le poche magliette a cui sono affezionato, stranamente piacciono anche ai miei figli, che hanno entrambi la mia taglia. Ed allora non le posso utilizzare. Le altre si accumulano negli armadi, togliendo spazio e mia moglie che, purtroppo, dispone solo di una ampia stanza per se, uno stabilimento–armadio (non una singola cabina).

All’iscrizione e controlli, con gli ufficiali gara mi sembra che ci sia non solo simpatia reciproca, ma anche affetto. Peccato che questa sia l’ultima gara in Toscana quest’anno. Per la gara di fondo avremo due partenze, distanziate di dieci minuti. Il circuito è un rettangolo, da percorrere due volte, Sulle boe sono tornati i grossi palloncini delle prime edizioni di questa manifestazione, di colore opportunamente diverso per le due al largo, rispetto alla prima più vicina alla riva. Ma oggi il mare è piatto e tutto risulta ben visibile. L’acqua è, però, un po’ opaca ma ne sono contento. In questo mese ho sperimentato, in canoa, che quando il mare non è trasparente ci sono molto meno meduse. Ma, forse, soltanto non si vedono…

Parto bene e nuoto in testa ad un bel gruppetto, ma sempre con qualcuno al fianco, situazione che prediligo. Abbiamo un buon ritmo e così, dopo un po’, raggiungiamo e superiamo anche altri nuotatori, forse i più lenti partiti con il primo scaglione. C’è, però, dietro di me, sempre qualcuno/a che ogni 3-4 bracciate mi tocca i piedi. Devo avere una sorta di riflesso planto-corticale, perché sento il fastidio fino a livello cerebrale. Mi deconcentro. Con il passare degli anni, ho individuato un protocollo d’azione anche per questa evenienza. Come primo avviso, quando mi accorgo che non è un fatto episodico ed inizio a perdere la mia proverbiale pazienza, batto ripetutamente e vigorosamente i piedi, che tengo normalmente quasi fermi. Ma questa volta non funziona. Scatta così il secondo gradino: richiamo verbale. Siamo quasi al termine del primo giro, quando decido di voltarmi ed urlare che non è obbligatorio toccare i piedi di chi ci precede.

Ma proprio mentre mi sto girando, sento aderire completamente alla metà sinistra del volto una medusa.
Mai provato un dolore così. La barba in parte mi protegge e spero che possa un po’ pungere anche la bestia. Mi fermo e chi mi segue mi supera tranquillamente. Si saranno chiesti cosa mi sia successo? La quarta boa è a 50 metri e poi ce ne sono circa altri 100 per l’imbuto finale e la spiaggia. Decido di ritirarmi. Rallento il ritmo ed allungo la nuotata ancora di più. Sento che va meglio. Anche perché questa volta, all’arrivo, oltre mia moglie, ci sono anche mio figlio con la sua fidanzata ed alcune nostre amiche. Posso davvero ritirarmi? Intanto giro fintamente indifferente alla boa, e se non ce la farò più, smetterò dopo.
Nemmeno rifletto sul rischio di ulteriori contatti. Piango e nuoto. E’ la prima volta che riempo gli occhialini dall’interno. Ma almeno le lacrime non mi irritano. Ed ho ancora chi in scia continua a toccarmi. Ma questa volta mi conforta. E nel secondo lato lungo mi sembra anche di avvertire una corrente contraria, che mi allevia il bruciore. Alla mia follia non c’è limite. Quando proprio sento di non farcela, faccio 3-4 cicli a rana, stile che in piscina mi regala le maggiori soddisfazioni. Noto, comunque, con estrema gratitudine, che ho sempre una imbarcazione anche se diversa, al mio fianco. Posso, così, in qualsiasi momento chiedere aiuto. Non ho mai desiderato così tanto abbracciare mia moglie. Quasi allo stesso punto del primo giro vengo di nuovo colpito, questa volta al pettorale destro, ma nemmeno ci faccio caso.

Vengo superato nel finale da chi mi seguiva, ma tocco contento. Il giudice di arrivo, vedendo che mi tolgo rapidamente gli occhialini ed immergo ripetutamente il volto, capisce che sono stato colpito in faccia. Volevo dissimulare ma crollo tra le braccia di mio figlio. Mentre risaliamo dall’acqua, mi accorgo che qualcuno litiga. Vorrei dire loro che non ne vale assolutamente la pena. Ma evito e mi reco alla postazione di primo soccorso. Poi decido, a scopo precauzionale, di andare a Grosseto in ospedale. Aspetto un po’ ma non ho reazioni allergiche generalizzate e dopo un paio di iniezioni vengo dimesso. La dottoressa, peraltro, gentile e preparata, nel congedarmi mi dice che dopo i 50 anni c’è il crollo! A quali mia facoltà si riferirà? Visto che ne ho 60? Ho sbagliato a raccontarle delle mie precedenti esperienze con le meduse.

Non ho potuto partecipare né al rinfresco né alle premiazioni. Ma ho una buona scusa per non disputare la gara di mezzofondo del pomeriggio. E chissà quante discussioni dovrò avere con la consorte per poterne fare altre in mare. Buone nuotate.

Eugenio Velardi



N.B.: a causa di un mio errore, il nome di Cosmo Milano, nel precedente resoconto relativo alla gara di Follonica, è stato modificato in Cosimo. Mi scuso con l’interessato, con il figlio Massimo, e con i tanti che lo stimano.
Mai fidarsi del correttore automatico!

 
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