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Giovanni Bozzolo
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2014 Coppa Byron
nella 33° edizione si è ballat omolto
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Per i residenti del centro-nord il mese di agosto offre tre gare di fondo – tutte concentrate nello stesso week-end, il calendario continua a riservarci queste infelici sovrapposizioni – Lerici, Caldonazzo e Follonica, e alla fine scelgo di tornare alla Coppa Byron, uno dei gran classici del circuito, gara da cui manco da tre anni.

Parto con Andrea, Rossano e consorte, ma a Lerici ci saranno tanti altri modenesi, per una gara che prevede quasi duecentocinquanta iscritti. Le previsioni meteorologiche sono discrete per il tempo, pessime per le condizioni del mare.
Nonostante il gran numero di iscritti la punzonatura è velocissima (bravi!, avevo pessimi ricordi in questo senso) con gradita maglietta. E’ un po’ che non vengo sul Tirreno e ritrovo tante “belle facce”, Giulio, Alessandro, Giuseppe, Gus, Salvatore, Paolo, Tommaso, Walter, Alberto, impossibile ricordarli tutti.

Il percorso della gara non è cambiato, si parte dalla spiaggia di Portovenere, si lascia a sinistra una prima boa poco prima del mare aperto, si costeggia la diga per oltre due chilometri sul lato interno (per le cattive condizioni del mare) per dirigersi poi verso San Terenzo lasciando sulla sinistra altre due boe di direzione, una all’inizio della costa dopo il mare aperto, una sulla destra della piccola diga che corre parallela al paese.

Sul traghetto che ci porta a Portovenere si balla molto. Sono seduto all’interno per mettermi le creme del perfetto fondista, ma c’è tanta onda che ho un accenno di mal di mare (non ne ho mai sofferto…).

La partenza è unica per tutte le categorie e visto che siamo 198 mi posiziono all’estrema destra per non prendere le solite botte. Cerco di partire forte e dopo circa un chilometro in solitario mi accodo a un gruppetto formato da cinque master. Dopo la prima boa entriamo in mare aperto, l’onda cresce e si fa fastidiosa – dapprima perdo il contatto con il gruppetto, ma mi sento bene e riprendo lentamente la scia senza forzare il ritmo.

All’ingresso della diga cambia tutto, si entra in una specie di paradiso terrestre con mare piatto come se fosse una piscina. Riprendiamo subito un’altra decina di master davanti a noi e sto talmente bene che pian piano mi porto vicino alla testa del gruppo.

Tanto bello è stato l’ingresso in diga, tanto traumatico sarà rientrare in mare aperto: le onde sono altissime, la corrente è molto forte e la mia bracciata diventa subito poco incisiva. In meno di un minuto vedo sfilare tutto il gruppetto dei quindici master, gruppetto che comincia ad allontanarsi. Mi deprimo, non vado avanti, nuoto e rimango fermo, forse per la prima volta da quando faccio le gare mi viene anche un po’ paura di quelle onde troppo alte. Alla fine, tra lo sconforto sempre più grande, tento di tener dietro all’ultimo master del gruppo nuotando a rana. Devo spingere tantissimo, ma riesco a vedere dove vado e a non perdere il prezioso contatto, comincio a rilassarmi (di testa) e quando non ce la faccio più a nuotare a rana torno a stile, anche perché le onde sembrano diventate un po’ meno alte e si comincia a intravedere la seconda boa di direzione.

Continuo a seguire il mio salvatore dalla cuffia bianconera e pian piano raggiungiamo altri due master poco più avanti di noi. Con questa formazione - tra molte difficoltà perché c’è sempre tanta onda - facciamo l’ultimo tratto di gara fino all’arrivo.

Al traguardo sono già arrivati Raffaele (che ha vinto la sua categoria) e Massimo (terzo di categoria) e in un lapis arriveranno Giovanni (terzo in categoria), Stefano, Jessica (che vince la sua categoria), Nicola e un po’ più attardati Rossano con i crampi e Andrea. Seguono buffet e premiazioni per i primi tre classificati di ogni categoria.

Ottima l’organizzazione, che disponeva di ben 54 barche di appoggio. Visto che in fase di premiazione gli organizzatori ci chiedono spunti costruttivi per migliorare ulteriormente ne approfitto perché questo è un tema sollevato da tanti: la punzonatura di prima mattina (inevitabile, visto che dopo sarebbe impossibile parcheggiare) con gara al pomeriggio implica una lunga giornata per atleti e accompagnatori; perché non anticipare la punzonatura e gareggiare alla fine della mattinata (con pomeriggio di relax in spiaggia per tutti)?

Con Rossano e Andrea ripartiamo con calma, verso sera, smaltita la fatica dei primi momenti dopo l’arrivo.
Gara dura quanto bella: una vera Byron quindi!

Raffaele Gambigliani Zoccoli

 
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