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Giovanni Bozzolo
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Byron 2016
di raffaele gambigliani zoccoli
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Come per l’anno passato la 35° Coppa Byron si presenta come un’edizione dai grandi numeri - con una gara che registra 308 partenti, compresa una delegazione di nuotatori anglosassoni che ha voluto onorare il poeta che da il nome alla Coppa.

Al mio arrivo al parcheggio la giornata si presenta calda e il mare, sullo sfondo, calmo e tranquillo.
Punzonatura con gradita maglietta e come sempre mi avvio verso la piazzetta di Lerici dove trascorreremo gran parte della giornata.

Roberto Figoli in fase di premiazione ci ha chiesto di segnalare quanto si può ancora migliorare per avere una manifestazione sempre più bella. Per quanto mi riguarda continuo a pensare che la Byron sia una delle gare più emozionanti del circuito, un po’ perché c’è questo fascino incredibile della traversata, un po’ perché è una gara ottimamente organizzata. Un plauso particolare va alla questione della sicurezza, perché è l’unica gara tra quelle che ho fatto in cui si ha sempre la sensazione di avere qualcuno al tuo fianco, tante barche e tante canoe che fanno la gara insieme a te.

L’unica cosa che ho pensato fin dalla prima volta che ho partecipato – e che pensano in tanti – è l’attesa per la gara, dopo la punzonatura. Trovarsi la mattina presto è inevitabile – visti i problemi di parcheggio in una delle località turistiche più belle del mondo – ma una volta punzonati sarebbe bello partire subito e non bivaccare per ore (questo Roberto solo in logica costruttiva, come sopra la gara per me è stupenda). Un ulteriore accorgimento – ma questo riguarda anche il regolamento, che secondo me sarebbe da rivedere – riguarda la “necessità” di ripescare i più lenti e/o classificarli fuori tempo limite. Come ha scritto molto bene Enzo Favoino nei commenti su fb alle foto di Renato Consilvio, i primi master sono spesso a ridosso dei tempi degli agonisti e concedere solo sessanta minuti per l’arrivo dopo di loro significa chiudere la porta a tante persone che amano il nostro sport.

Tutto ciò premesso il percorso – per fortuna, visto che un’altra grande classica delle acque libere di settembre si è trasformata da splendida traversata a un giro di due chilometri da ripetere cinque volte – non è cambiato rispetto alle edizione precedenti: si parte davanti alla spiaggia di Portovenere, si attraversa il Golfo di La Spezia fino a San Terenzo per deviare verso l’arrivo di Lerici. Come per le ultime edizioni si nuota all’interno della diga, nonostante il mare calmo.

Guido con altri master ha aiutato ad organizzare l’Iron-Byron, un sorta di prolungamento sperimentale di due chilometri della gara originaria, con ulteriore classifica non valida per il circuito FIN. In fase di punzonatura Guido mi “costringe” ad indossare il braccialetto dell’Iron, anche se ho già la certezza che non avrò la forza di farlo. Guido ha inoltre promosso un’ottima raccolta fondi a favore delle popolazioni colpite dal terremoto della settimana precedente.

Dopo la traversata con la motonave e qualche problema con la consegna dei bagagli finalmente si parte, ma appena mi immergo nell’acqua mi scatta un improvviso e malaugurato problema intestinale, doppiamente nocivo visto che per una volta avevo preparato la gara nuotando come un folle per tutto agosto. Pazienza mi dico, cercherò di finirla ugualmente e al limite alzerò la mano verso una barca.

Al fischio di via (che viene ripetuto due volte per i problemi ad allineare trecento nuotatori a volte un po’ troppo indisciplinati…) sono come sempre defilato nella parte destra dell’allineamento, ma qui siamo davvero in troppi rispetto alle nostre partenze abituali e vengo subito asfaltato da quelli più forti. Fino alla diga cerco di nuotare più esternamente possibile (anche se qualche canoa ogni tanto mi riprende) ma il mio problema si aggrava e inoltre quasi subito vengo “fustigato” da una medusa che non riesco a vedere.

Alla diga sono costretto a compattarmi con un gruppo troppo numeroso, non riesco a stare in scia senza che qualcuno mi cominci a nuotare sui piedi, riconosco Andrea mentre vedo Manuela e Jessica una decina di metri più avanti. Riesco a prendere Manuela poco dopo la fine della diga, ma poi tutto il gruppo comincia a darci dentro, io continuo a non star bene e non riesco a tenere il loro ritmo mentre da dietro mi sorpassano un po’ da tutte le parti. Al traguardo i più forti della mia squadra sono già arrivati da tempo e questa volta mi hanno battuto anche tante delle nostre ragazze. Marco e Manuela sono riusciti ad andare a podio. Sto relativamente male e l’Iron lo farò un’altra volta.

Segue ampio buffet e lunghissima premiazione. Aspettiamo tanto ma i risultati per i master non arrivano, forse in questa gara dai grandi numeri sarebbe tempo di organizzarsi con il chip (porta pazienza Roberto, lo hai chiesto tu…).

Non so se farò Laigueglia, un po’ perché non ho i dieci chilometri nelle braccia e un po’ perché con cinque giri ho paura di perdere il conto…
Ne approfitto quindi per salutare tutti – anche Moreno cui ho spiegato che per essere citati nel mio diario bisogna gravitare intorno a me durante la gara e quindi andare molto più piano di come va lui. Come sempre è stata una fantastica stagione e come sempre voglio ringraziare chi ci ha ospitato e ci ha permesso di vivere giornate così belle a contatto col mare!
Buon inverno (sic)!

 
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